venerdì 24 febbraio 2017

IL CASO DELLA GIOVANE LARA - DIARIO DI UNA SLAVE


Racconto Il Caso della giovane Lara




Entro nel mio studio con incedere lento.
Accendo la lampada, immobile e impolverata, sulla mia scrivania.
Un temporale e' in arrivo.
Sono le 3 del pomeriggio e il grigiore dell'inverno, ormai inoltrato, cala silenzioso tra le mura di questa stanza.
Sposto lo schienale imbottito della mia poltrona.
Mi siedo.
Inforco gli occhiali da lettura e osservo la mole di libri e appunti che ingombrano il tavolo.
Questa volta non posso ignorarlo. No.
C'e' un diario, si, un diario marrone, in pelle. E' da giorni che lo tengo li', in attesa di sfogliarlo.
Avrei dovuto gia' farlo, ma una sensazione di torpore alla bocca dello stomaco ............. me lo ha impedito.
Mi accarezzo la barba, indugio.
Punto il diario.
Dopo tanti anni di studio e di lavoro con pazienti di ogni genere non riesco a credere che questo diario infonda in me una tale soggezione.
Non si finisce mai di scoprire gli abissi dell'anima.

La giovane donna che me lo ha ceduto, prestato, offerto, e' venuta nel mio studio solo tre volte. I classici primi incontri che uno psicologo stabilisce per la raccolta di dati fondamentali, per comprendere la richiesta del paziente ed eventualmente stabilire l'inizio di un percorso di psicoterapia o meno. Prima di affidarmelo mi ha lanciato uno sguardo serio e profondo e mi ha detto .... ricordo ancora perfettamente le sue parole .... "qui c'e' un pezzo della mia vita!". Non ha aggiunto altro. E' uscita cosi', da quella porta. Senza sbatterla.

Ma sembrava che scappasse.....

Sospiro. Dopo quello che ci siamo detti, dopo le confidenze o le "confessioni" che mi sono state fatte dalla mia paziente, e' arrivato il momento di leggere il suo diario.

Cosi' lo afferro e lo apro. Voglio entrare nella sua vita, nella sua mente, voglio sprofondare nelle emozioni e nelle vicissitudini di questa giovane donna.


Nel mio file ho gia' impostato il titolo di questo che sara', a mio avviso, un caso che portero' all'attenzione del mio team di psicologi e psichiatri della struttura sociosanitaria per la quale lavoro. Di certo non rivelero' dati sensibili che la legge sulla privacy mi impone di proteggere e secretare, ma ne faro' materiale didattico e di ricerca e sara' oggetto di discussione nelle prossime conferenze sulla psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale.

Lo chiamero' "Il caso della giovane Lara".

Dal diario ...

"Sono passati tanti anni da quando tutto e' cominciato.

Forse per la prima volta, sento il bisogno di raccontarmi a me stessa, di raccontare la mia storia a questo diario, come se fosse uno specchio nel quale mi rifletto.

Si, una donna che ritrova in se' quella ragazzina di un tempo. Una ragazzina di 14 anni, allegra, spensierata, ma non ingenua, no ... mmmhh, non direi.

Ricordo che ogni tanto, magari all'improvviso, mentre leggevo o studiavo sui libri di scuola, avvertivo una certa frenesia, un calore irrompere nel mio basso ventre ed irradiarsi sempre piu' intensamente. La mia mano scendeva e si infilava silenziosa tra le mie cosce, bollenti. La mente si staccava. Gli occhi si chiudevano. Tutto si fermava intorno a me. Non potevo resistere a questa ondata di piacere. Dovevo lasciare tutto e assecondare quell'estasi sublime.

Eh si, mi piaceva. Mi piaceva sempre di piu'. Sentivo dentro di me il bisogno di eccitarmi. Ricordo che c'erano giorni in cui guardavo video pornografici. Sapevo tutto ormai. Non c'erano segreti per me, anche se tante cose ancora forse non le capivo.

La curiosita' e l'attrazione che provavo nell'osservare quelle scene, costruiva dentro di me, poco a poco, la rappresentazione di un mondo parallelo, dove tutto era concesso, dove la libidine veniva espressa in tutte le sue forme.

E mi piaceva. Oh si, mi piaceva!

E fu d'estate che questo mondo mi spalanco' le sue porte, cautamente, silenziosamente ....

non potevo immaginare quello che sarebbe successo di li' a poco, quello che sarebbe diventata la mia vita.

Ero in vacanza, con i miei genitori, in campagna. Tutto molto monotono. Poi un giorno, all'improvviso, conobbi lei, una donna bellissima, elegante. Il suo portamento sofisticato e il suo charme mi stregarono subito. Ero sempre insieme a lei.

Ricordo quelle giornate in piscina, bellissime. Poi insieme sotto la doccia. Osservavo il suo corpo, le sue sensuali forme. La mia ammirazione cresceva sempre di piu', avrei voluto essere come lei. Affascinante, colta, intelligente, emancipata. Aveva tutte le qualita' che una donna a mio avviso dovrebbe possedere.

La simpatia che provavo nei suoi confronti si trasformo' in breve tempo in qualcos'altro. Mi sentivo completamente attratta da lei, folgorata, anzi, innamorata direi. Si, mi ero perdutamente innamorata. Non potevo fare altro che seguirla e ammirarla.

Poi un giorno mi invito' a casa sua. Ero felicissima. Ricordo le nostre chiacchierate, le nostre risate. Tutto era cosi' naturale, spontaneo. Poi, molto abilmente inizio' a fare discorsi sul sesso.

Io la guardavo intensamente, ascoltavo con grande attenzione, pendevo letteralmente dalle sue labbra. Ad un tratto inizio' ad accarezzarmi. Il suo tocco morbido e vellutato mi prese subito. Sentivo delle vibrazioni dentro di me, un'eccitazione silente ma intensa. I suoi occhi, splendidi, la sua voce, ammaliante, tutto di lei mi rapi' quel giorno. Mi sentivo soggiogata, stregata.

Poi mi racconto' come aveva perso la verginita'. E la cosa mi sconvolse.

Mi disse che suo padre, in preda ai fumi dell'alcool, aveva preso un'accetta e l'aveva violata, infilandone il manico, cosi' come l'istinto bestiale comanda. Rimasi sconvolta e l'affetto che provavo per lei fu ancora piu' grande. Doveva essere stato un trauma, una sofferenza indicibile. Ma era ancora li'. Nonostante tutto era diventata una bellissima donna, che certo, con gli uomini non aveva piu' voluto avere a che fare".

Interrompo un attimo la lettura. Questa scena mi arriva in pieno viso come una secchiata d'acqua gelida. Il mio mestiere mi impone lucidita' e distacco, ma non posso non restare sgomento davanti ad una tale violenza. Bevo un goccio di Brandy. Ho bisogno di bagnarmi la gola.

Riprendo.

" ..... Mi raccontava la sua storia con grande enfasi, ma come se non le appartenesse, come se parlasse di un'altra donna, eppure notavo una strana luce nei suoi occhi, una strana eccitazione. Poi d'improvviso mi disse che voleva mostrarmi esattamente come tutto era avvenuto. Cosi' mi porto' nella rimessa, prese la stessa accetta e si impalo'. Mi disse che quella era l'unica cosa che l'avesse mai penetrata. Aveva ripetuto quella scena, quel gesto, milioni e milioni di volte. Era ossessionata da quella accetta, ossessionata da quell'atto cosi' violento, eppure cosi' eccitante. C'era in lei una sottile perversione. Ma non avevo ancora visto tutto. Ancora no.

Poi torno' da me, mi fece distendere. Continuo' ad accarezzarmi. Era dolce, era tenera. Nonostante tutto. Io ero completamente persa di lei. L'adoravo. Le sue carezze, le sue mani, le sue attenzioni, erano tutto per me. Era come una droga. Inizio' a baciarmi sulle labbra, sul collo. Poi lentamente sulle spalle, sui seni. Mi spoglio' e mi ricopri' dei suoi caldi baci. Le sue labbra cosi' soffici si trasformavano in brividi sulla mia pelle. Rimasi completamente nuda di fronte a lei. In una trappola d'amore.

Fui preda del piacere per ore. Mi bacio' tra le cosce, sul mio fiore acerbo. Impossibile descrivere a parole la sensazione di libidine che mi prese, tutta. Mi sciolsi. Ero completamente bagnata. Un lago immenso. Gli orgasmi si succedevano uno dietro l'altro. Ero pazza di lei, pazza d'amore, pazza di piacere.

Poi mi chiese se volessi perdere la verginita' con lei. Annui'. Le dissi di si, che ero pronta a donarmi a lei, in questo nostro patto di adesione perversa dell'una all'altra.

Sapeva che ormai ero la sua schiava, che ero nelle sue mani, che qualunque cosa mi avesse chiesto l'avrei fatta.

D'improvviso le si illumino' il viso. Si alzo', prese l'accetta e me la spinse con tutta la forza che aveva. Il dolore che senti' fu lancinante. La implorai di fermarsi, di smetterla, ma lei era come posseduta. Non la riconoscevo piu'. Il fantasma di suo padre, di quel padre violento, era entrato nel suo corpo e adesso stava ripetendo lo stesso sciagurato atto su di me. Non potevo crederci. Sotto il mio corpo un lago di sangue iniziava a prendere forma. Mi sentivo aperta, violentata. Piangevo, scalciavo, cercavo in ogni modo di ribellarmi, ma era tutto inutile.

La crudelta' che subi' quel giorno fu l'inizio di tutto. Lei, quella donna affascinante che mi aveva sedotta con le sue abili moine, aveva appena preso le sembianze di un diavolo. Occhi scintillanti, sguardo profondo e tagliente come una lama, voce squillante e rotta dall'affanno. La mia amante segreta si era trasformata nell'ombra di una strega malvagia.

Poi all'improvviso si fermo'. Lentamente si ricompose.

Le lacrime rigavano copiose le mie rosse guance. Ero sconvolta, ma lei ritorno' in se', mi asciugo' il viso, mi ripuli' dal sangue e mi bacio'. Torno' la donna tenera che conoscevo.

Quella notte dormi' da lei. I miei non sospettavano nulla e acconsentirono.

Per tutto il tempo la mia donna mi ricopri' di amore e di carezze e di ogni forma di tenerezza. E mi bacio'. Mi bacio' li', dove il mio martirio si era compiuto. Il dolore andava scemando con estrema lentezza, ero ancora molto sensibile e nonostante le sue premure e i suoi dolci baci non riusci' ad avere orgasmi. Ma il piacere lo percepivo, oh si. La sua lingua scivolava sulle mie grandi labbra, poi passava leggera sul clitoride e affondava tra le piccole labbra. Si insinuava li', dove era avvenuto l'orrore, per poi ritornare in superficie."

Adocchio il mio bicchiere in cristallo, appoggiato sul taccuino. Ho voglia di un altro sorso di Brandy. Mi aiuta a pensare, a riflettere, ad entrare in uno stato di rilassatezza.

Riprendo.

" .... Adoravo la sua bocca. Mi leccava instancabilmente. Io caddi in uno strano stato di torpore, di spossatezza. Avvertivo un senso di languore, ma orgasmi no, nessuno. Quelli arrivarono dopo, durante il giorno. Ricordo che mi fece mettere in piedi, con le mani al muro e lei, inginocchiata sotto di me, mi leccava e godeva.

Passo' un mese cosi'. Io e lei da sole. Continuamente. Tutto il tempo che avevamo a disposizione lo trascorremmo dandoci piacere reciproco. Ero perdutamente innamorata.

Poi un giorno venne una sua amica, bellissima anche lei. Aveva i capelli corvini ed uno sguardo penetrante. Capi' subito che era li' per un motivo ben preciso. Presto mi prese anche lei e divenni il loro giocattolo. Usavano il mio corpo, il mio piacere per il loro. Mi cavalcavano, mi baciavano, mi leccavano. Ero continuamente bagnata ed eccitata. Non esisteva altro per me. Le loro bocche erano ovunque, sulla mia, sui miei seni, sui miei fianchi, tra le gambe, sulla mia schiena, sul mio sedere. Io ero bella, bellissima. Nel fiore degli anni.

Ricordo come vibravo anche ad un solo loro tocco. I miei seni sodi reagivano all'istante sotto i colpi lascivi delle loro labbra, delle loro mani.

Adesso non ubbidivo piu' soltanto alla donna per la quale avevo perso la ragione, ma anche all'altra, alla nuova, alla quale lei mi aveva improvvisamente ceduta. Seppur con amarezza, obbedivo ad ogni suo desiderio e assecondavo ogni sua voglia, sia pur quella di sottostare ad un'altra padrona.

Per una schiava e' cosi', si ama incondizionatamente la propria padrona o il proprio padrone. Non si sceglie. Si viene scelti, si viene ceduti, regalati, usati. Che cos'e' una schiava in fin dei conti? Nient'altro che un oggetto, un giocattolo che passa di corpo in corpo, tra padroni e spettatori, umiliata e sfruttata.

E mentre i ricordi ritornano a vivere, ricordi che in realta' non si sono mai spenti, avverto quelle stesse forti emozioni. Un calore esplode di nuovo dentro di me e non posso fare a meno di riportare la mano li', dove la mia padrona mi fece provare la vera ebrezza del piacere. Non posso fare altro che toccarmi e scoprirmi bagnata come, e forse, anche piu' di prima.

Riapro gli occhi. Torno a scrivere. Per un attimo quella ragazzina vogliosa e depravata aveva ripreso il sopravvento. Ma ora voglio tornare a concentrarmi. Ho bisogno di mettere in ordine questo puzzle che e' la mia vita.

Dunque .... finita l'estate tornai in citta' con i miei genitori, ma tutto quello che era successo non fini' li'. Anzi. Ebbe un seguito. La mia precedente padrona, la donna di cui mi ero follemente innamorata, mi cedette, ad un'altra. Una crudele, spietata, sadica donna. Questa fu la mia nuova padrona. Con lei scopri' cose che la mia mente non aveva mai neppure osato immaginare. Mi faceva di tutto, mi ordinava ogni cosa.

Adesso non si trattava piu' solo di bocche e di mani, ma di fruste e di catene.

Mi incatenavano e mi frustavano per ore e ore.

Di pomeriggio andavo a casa sua e li' iniziava lo spettacolo.

Non eravamo mai sole, c'erano sempre altre persone con noi, donne, uomini, giovani, vecchi, amici, compagni. Ed io eri li', la sua schiava, la loro schiava. Il loro oggetto.

Ma non mi lasciavano segni. Si curavano di non rimandarmi a casa con un corpo che potesse raccontare cosa succedeva in quel sottomondo.

Una doppia vita la mia, dove nessuno sapeva, nessuno vedeva, nessuno immaginava.

E fu cosi' che divenni una puttana, si. Una puttana pronta ad esaudire ogni richiesta della mia padrona. Dovevo scopare con uomini di ogni eta' e aspetto. Alcuni erano brutti, orribili, repellenti, ma in fondo, in fondo per me non faceva piu' differenza. Ero l'oggetto del desiderio della mia padrona, cosi' come lei era il mio ed ubbidivo senza oppormi.

Quando mi veniva ordinato di non provare piacere, ma lo provavo .... be' ..... dovevo nasconderlo. Dovevo reprimerlo, altrimenti mi avrebbero frustata. Ando' avanti cosi' per anni. Uomini vecchi, pelati, grassi, adagiavano le loro callose mani sulla mia giovane carne, tenera, soffice, bianca. I loro cazzi eccitati mi sfondavano fica e culo, senza ritegno. Ed io subivo. Subivo e godevo. Ero entrata nel vortice della perdizione, della lascivia, della piu' profonda perversione.

Venivo piegata in tutte le posizioni che piu' li eccitava. A volte faceva male. Oh si, davvero male! Quei grossi cazzi mi torturavano, ma se la mia padrona mi ordinava di godere, godevo.

Ricordo ancora l’odore acre di alcuni di loro, quando mi urinavano addosso. Io distesa a terra, completamente nuda, e loro in piedi sopra di me, che mi ricoprivano di piscio. La loro calda urina mi scorreva tra i seni, mi scivola sul ventre e poi giù, sul velluto violato della mia fica. Si perde la ragione a giocare così, si entra nel tunnel della follia, in una spirale di depravazione.

Un giorno uno di loro porto' anche un cane. Si, un cane. Dovetti succhiargli il cazzo e poi prenderlo nel culo. Mi senti' umiliata, usata, ma per me tutto questo era come una droga. Non potevo farne a meno. Il piacere che provavo ad essere utilizzata come un giocattolo, sfruttata, presa come una puttana, peggio, come una schiava del sesso, era fonte di adrenalina.

Un anno dopo fui ceduta di nuovo. E poi ancora, e ancora. Amavo ogni padrona, così come avevo amato la prima, devota e sottomessa, con tutta me stessa. Ed ogni volta il limite che era stato posto in precedenza veniva oltrepassato. Ricordo le orge, gli incontri clandestini, il rumore delle catene, le manette, tutto assumeva una forma sempre più perversa e sadica.

Poi il buio.

Ad un certo punto dissi basta. Avevo 20 anni.

Non volevo più essere una schiava.

Volevo passare dall’altra parte della barricata.

Volevo diventare una Padrona

E così lo diventai.


Padrona!


Si, ora ero io la padrona.


Ora ero io a comandare!

Cominciai ad irretire giovani ragazze, dall’aspetto ingenuo e gentile, così come era stato fatto a me. Non mi feci nessuno scrupolo. Adoravo esercitare quel potere che per anni era stato usato contro di me. Le assoggettavo, ordinavo, comandavo, decidevo, decidevo per loro. Mi prese la frenesia, la pazzia. Alcune le sverginai, anche. Usavo tutti i mezzi che conoscevo e che erano a mia disposizione per piegarle ai miei voleri, ai miei capricci. E come godevo!

Le facevo inginocchiare ai miei piedi, le frustavo, mi facevo leccare fica e culo. E non ne avevo mai abbastanza. Le torturavo, le legavo, le guardavo soffrire e al contempo godere.

Ora ero la Regina, la Padrona, la Signora!

E godevo!”


Alzo lo sguardo.
Sospiro.
Le nuvole cariche di pioggia, che vedo dalla finestra del mio studio, mi portano con la mente lontano. Quante domande iniziano ad affollarsi nella mia mente. Quanti pensieri. Considerazioni. Quante riflessioni si accalcano, qui, ora, in questo silenzio.

Appoggio gli occhiali sulla scrivania.
Socchiudo gli occhi.
Reclino la testa all’indietro.
Un respiro profondo spezza la quiete della stanza.

Per oggi basta.




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