martedì 21 febbraio 2017

IL FIUME ARRIVA E MI TRAVOLGE - 3' PARTE


Le mie scarpe nere, dal tacco affilato, le voglio trasformare in uno strumento di tortura e piacere. Il porco bivacca a gambe aperte, ha i muscoli rilassati, mi avvicino al suo fondo schiena, lo accarezzo delicatamente, lo bacio, lo lecco nel centro, intorno al buchino, lo inumidisco un po' con la lingua. Ora e' pronto. Prendo la mia scarpa e con un colpo deciso infilo il tacco nella sua morbida fessura! Ahhhh! Inculato da una scarpa!

Il porco stavolta non puo' ignorarmi. Il mio polso spinge il tacco a spillo e lo estrae, in un ritmo medio lento. Mentre la mia figa sorseggia ancora del buon vino. Eccolo che si volta di scatto. La scena che ha di fronte si riflette nel suo sguardo attonito, ma non cerca di fermarmi. Come se accettasse di prendere parte al teatrino che ho messo su mentre rifiatava.

Poi lentamente afferra la bottiglia che e' dentro di me, si alza facendo uscire il mio tacco dal sedere e avvicina la bocca per leccare quel collo vitreo. L'eccitazione e' al massimo, di nuovo. Lecca la bottiglia, ne sorseggia un po', poi dirige il suo muso da animale affamato proprio tra le mie cosce e sprofonda voglioso.

Appoggio i palmi delle mani dietro di me e inarco la schiena. Abbiamo trovato un nuovo modo di degustare il vino. Possiamo degustare anche altro se ti va, cosi', tutta la cena, la colazione, il pranzo … non c'e' limite. Il ristorante e' aperto.

Lascio che un altro orgasmo mi prenda, ma poi voglio finirla. Questa rabbia omicida non passa, neanche il sesso lenisce, e' piu' forte. Torna sempre a galla. Forse e' la paura, la paura di ricadere in trappola.

E l'orgasmo arriva, e' sublime. Me lo gusto tutto. Ahhh, ohhhhhh, ahhhhhh!

Poi mi alzo, corro in bagno. Ho voglia di una doccia. Voglio levarmi di dosso tutto questo schifo. Tutto questo scambio di vibrazioni. Non le voglio piu' sentire. Voglio solo piangere. Devo avere gli ormoni impazziti. Appoggio la fronte al box doccia, strizzo gli occhi, serro i pugni sul vetro zigrinato.

Qualcosa stasera mi ha graffiato l'anima. Di nuovo.

Il bastardo mi ha vista scappare ed eccolo bussare. Gli urlo di andarsene. La festa e' finita. Rimane interdetto. Non lo sento rispondere. Urlo piu' forte. Urlo che se ne deve andare. Che non lo voglio piu' vedere. Dopo essersi preso i miei orgasmi. Orgasmi che devono arrivare solo al cervello, non al cuore. Tanto quello e' rotto ormai. Come un vecchio giocattolo.

Il bastardo sembra aver recepito finalmente. Mi urla che sono una stronza, una troia, che non ho il diritto di buttarlo fuori cosi'. Ma questa e' casa mia, fino a prova contraria. Bastardo! Non mi curo delle sue aguzze parole.

Il maledetto continua, sbatte i pugni sulla porta. Allora apro, lo guardo con aria di sfida. Ho il veleno che mi cola dal labro sinistro. Se mordo uccido!

I suoi occhi di fuoco entrano nei miei, li sento violentarmi. Non mi fai paura bastardo! In un attimo sguizzo fuori dal bagno, vado in cucina e afferro un coltello. Torno sui miei passi e glielo punto contro. Non hai forse capito, compreso, afferrato, che te ne devi andare, che mi devi lasciare sola?

Il tuo animale non mi serve piu' adesso. Raccogli i tuoi stracci e vattene!

Il porco tiene le mani leggermente alzate, mi guarda in preda al panico, ma cerca di nasconderlo. Inutile, lo fiuto! Come tutti i bastardi, puzza di codardia!

Un altro tuono, un altro lampo. Avanzo verso di lui.

All'improvviso una scheggia di vetro mi penetra nel piede. Il dolore mi disarma. D'istinto lascio cadere il coltello a terra e mi piego in una smorfia di dolore.

Ora sono scoperta. Il bastardo ha la meglio. Mi e' sopra, lo respingo, ma lui non indietreggia. Io cado. Cerco di riprendere il coltello, ma lui si slancia su di me, mi blocca con il suo peso. Stavolta mi schiaccia sul serio. Ho paura. Inizio a scalciare, ad urlare. Lui non mi lascia. Anzi, mi tappa la bocca con la mano. Guardo il soffitto. E d'improvviso, finalmente, lacrime amare cominciano a scorrere fuori dai miei occhi, veloci, nere, impiastrate di rimmel, colano ai lati delle mie guance. Escono copiose. Le mie urla soffocate esplodono senza freni. Non ne posso piu' di tutto questo dolore!

Manuel invece mi guarda silenzioso, con occhi compassionevoli, dolci. Mi sento una bambina. Mi sento una stupida. Mi sento fragile. Ora il mio sguardo e' triste. I miei occhi lucidi, bagnati, sembrano rilassarsi. Lentamente mi scopre la bocca. Non una parola. Niente.


Sembra capire tutto, tutto di me. Mi sorride, mi accarezza le labbra, mi asciuga le lacrime, le bacia.

Ed e' stupendo. Tenero. Emozionante.

Inaspettato. Inimmaginato.

E' un fiume che arriva e mi travolge.

Ed io mi lascio travolgere.

Anche questa volta non ho argini. Sono cosi'.

Il fiume arriva e mi travolge.







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